Nota archivistica di F. S. Nitti

 

«…Le mie carte non saranno esaminate dai tedeschi e tanto meno sequestrate per scrivere contro di me. Non correrò alcun pericolo, dopo averne corsi tanti …

Quando partii con la mia famiglia nella primavera del 1924 cercai di mettere al sicuro quanto potevo di ciò che più mi interessava politicamente.

Nella mia casa, sul solitario scoglio di Acquafredda, furono poi riuniti dalle mie sorelle i mobili e i libri della mia casa di Napoli e le cose superstiti della derubata e saccheggiata casa di Roma, dove i fascisti invasori avevano lasciato solo tutto ciò che non serviva loro o non potevano asportare.

Alcuni anni dopo seppi dalle mie sorelle, ch’erano a Roma, del trasporto delle cose mie ad Acquafredda.

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Non pochi documenti diplomatici e politici di maggiore gravità e non voluminosi io avevo creduto pericoloso portarmeli nel viaggio, li avevo depositati in luogo sicurissimo in Italia, dove non sarebbero mai stati trovati e affidati a persone non sospettate e che non si occupavano di politica e che si sarebbero fatte uccidere piuttosto che tradirmi…

Ma fra le carte lasciate in Italia, non selezionate e non riordinate, vi sono (vi sono ancora?) migliaia di lettere di uomini politici, scienziati e amici personali. Amici personali? amici politici? o nemici dopo il fascismo?

Alcuni uomini che avevo trovato in miseria e a cui oltre la fiducia avevo dato i mezzi di vita, la situazione, la prosperità, nelle ore e nei periodi in cui ero più in lotta erano diventati non solo indifferenti, ma nemici. Quella corrispondenza, se esiste ancora, deve contenere le più interessanti prove di ciò che nei rivolgimenti politici possa l’ingratitudine. Quanti che io avevo sollevato dall’oscurità e dalla miseria e che erano diventati alla mia ombra deputati, senatori, ministri, in un altro campo direttori di giornali, professori di università, non attesero nemmeno che io fossi partito dall’Italia per dimostrarmi quanto possa la viltà! …»1


Da questo scritto di F.S. Nitti si può capire quanta importanza, sia politica che, diremmo, antropologica, lo statista attribuiva al proprio archivio. Un luogo ove si sono sedimentati tra i più considerevoli avvenimenti che hanno decretato il passaggio tra il XIX e il XX secolo: un panorama di inchiostro e nomi che hanno caratterizzato la natura del cosiddetto “Secolo breve”.

La corrispondenza tra l’Amministrazione e la figlia di Nitti, Filomena Bovet, curatrice delle trattative per i versamenti, rivela la precisa e ferrea volontà del Nitti intellettuale di far confluire le sue carte a un Archivio di Stato. Nella stessa corrispondenza si dice che le carte Nitti si trovavano nel 1953 nella casa di Acquafredda in Basilicata dove Nitti stesso aveva voluto farle trasportare nel 1924 prima di lasciare l’Italia. Sempre nell’Appendice del volume XIV degli Scritti Politici, lo stesso Nitti racconta della volontaria distruzione dell’archivio formatosi durante il suo esilio parigino, a causa dell’invasione tedesca in Francia.

Le carte di Nitti sono giunte all’Archivio centrale dello Stato in quattro successivi versamenti: i primi due nell’aprile e nel maggio 1953, a pochi mesi dalla morte dello statista, gli altri nel luglio 1964 e nel febbraio 1972. Non tutte le carte nittiane conservate ad Acquafredda sono riversate all’A.C.S, da esso è stato estrapolato un insieme di lettere, fotografie e documenti di famiglia che sono stati donati alla Fondazione Einaudi di Torino unitamente alla Biblioteca scientifica.

Un’altra parte dell’archivio Nitti è ancora da cercare e da rendere alla ricerca, soprattutto l’epistolario della sua giovinezza lucana e le corrispondenze intrattenute con i suoi conterranei. Per recuperare quest’aspetto, forse un po’ più privato, della personalità di Nitti, la Fondazione a lui dedicata si è attivata per rintracciare famiglie e persone che ancora ne custodiscono il “segreto”. Di questa ricerca si possono trovare i primi risultati: 7 lettere e due biglietti di auguri della famiglia Catapano di Melfi.




1 Nitti Francesco Saverio, “Scritti politici” vol. XIV, Appendice prima, pagg. 709-712, Editori Laterza, Bari 1967